giovedì 1 febbraio 2018

La luce vivissima dell’educazione dei giovani

La luce vivissima era quella vista da Don Bosco nel Sogno dei Dieci Diamanti, e di cui era circonfusa la figura del giovanetto che nel sogno esortava il Santo e i suoi confratelli a bene operarare per l’educazione dei giovani.
L’esortazione del sogno era anche l’impegno reale che i Salesiani praticavano, e ancora praticano, nel campo educativo e con l’ispirazione al metodo pedagogico formulato dopo la metà dell’800 dal loro fondatore: il Sistema preventivo nell’educazione della gioventù.
Nella visione del sogno i “Dieci Diamanti” di cui era rivestita la splendida veste del ‘Maestro’ apparso ai Salesiani erano le 3 virtù teologiche (Fede Speranza Carità), i 3 consigli evangelici (Povertà Obbedienza Castità) e 4 orientamenti comportamentali (Lavoro Temperanza Premio Digiuno).
Propongo alla riflessione i testi ricavati dalle fonti salesiane riguardanti il metodo pedagogico di Don Bosco e la narrazione del suo Sogno dei Dieci Diamanti.

IL SISTEMA PREVENTIVO NELLA EDUCAZIONE DELLA GIOVENTÙ
Più volte fui richiesto di esprimere verbalmente o per iscritto alcuni pensieri intorno al così detto sistema preventivo che si suole usare nelle nostre case. Per mancanza di tempo non ho potuto finora appagare questo desiderio, e presentemente ne do qui un cenno, che spero sia come l'indice di quanto ho in animo di pubblicare in una operetta appositamente preparata, se Dio mi darà tanto di vita da poterlo effettuare, e ciò unicamente per giovare alla difficile arte della giovanile educazione. Dirò adunque: in che cosa consista il Sistema Preventivo, e perché debbasi preferire: sua pratica applicazione, e suoi vantaggi.
I n che cosa consiste il Sistema Preventivo e perché debbasi preferire.
Due sono i sistemi in ogni tempo usati nella educazione della gioventù: Preventivo e Repressivo. Il sistema Repressivo consiste nel far conoscere la legge ai sudditi, poscia sorvegliare per conoscerne i trasgressori ed infliggere, ove è d'uopo, il meritato castigo. In questo sistema le parole e l'aspetto del Superiore debbono sempre essere severe, e piuttosto minaccevoli, ed egli stesso deve evitare ogni famigliarità coi dipendenti. Il Direttore per accrescere valore alla sua autorità dovrà trovarsi di rado
tra i suoi soggetti e per lo più quando si tratta di punire o di minacciare. Questo sistema è facile, meno faticoso e giova specialmente nella milizia e in generale tra le persone adulte ed assennate, che devono da se stesse essere in grado di sapere e ricordare ciò ohe è conforme alle leggi e alle prescrizioni.
Diverso, e direi, opposto è il sistema Preventivo. Esso consiste nel far conoscere le prescrizioni e i regolamenti di un istituto e poi sorvegliare in guisa, che gli allievi abbiano sempre sopra di loro l'occhio vigile del Direttore o degli assistenti, che come padri amorosi parlino, servano di guida ad ogni evenienza, diano consigli ed amorevolmente correggano, che è quanto dire: mettere gli allievi nella impossibilità di commettere mancanze [...]
Il sistema Preventivo rende affezionato l'allievo in modo che l'educatore potrà tuttora parlare col linguaggio del cuore sia in tempo dell'educazione, sia dopo di essa. L'educatore, guadagnato il cuore del suo protetto, potrà esercitare sopra di lui un grande impero, avvisarlo, consigliarlo ed anche correggerlo allora che si troverà negli impieghi, negli uffizi civili e nel commercio. Per queste e molte altre ragioni pare che il sistema Preventivo debba preferirsi al Repressivo.
(Fonte: Inaugurazione del Patronato di S. Pietro in Nizza a Mare. Scopo del medesimo esposto dal Sacerdote Giovanni Bosco con appendice sul sistema preventivo nella educazione della gioventù. San Pier d'Arena-Torino-Nizza Marittima, Tipografia e Libreria Salesiana 1877)


IL SOGNO DEI DIECI DIAMANTI
Ad ammaestramento della Pia Società Salesiana
Il 10 settembre anno corrente (1881), giorno che la Santa Chiesa consacra al glorioso nome di Maria, i Salesiani, raccolti in San Benigno Canavese, facevano gli Esercizi Spirituali. «Nella notte dal 10 all’11, mentre dormivo, la mente si trovò in una gran sala splendidamente ornata. Mi sembrava di passeggiare con i direttori delle nostre case, quando apparve tra noi un uomo di aspetto così maestoso, che non potevamo reggerne la vista. Datoci uno sguardo senza parlare, si pose a camminare a qual che passo da noi. Egli era così vestito: un ricco manto a guisa di mantello gli copriva la persona. La parte più vicina al collo era come una fascia che si rannodava davanti, e una fettuccia gli pendeva sul petto. Sulla fascia stava scritto a caratteri luminosi: LA PIA SOCIETÀ DI SAN FRANCESCO DI SALES NELL’ANNO 1881, e sulla striscia di essa fascia portava scritte queste parole: QUALE DEVE ESSERE.
Dieci diamanti di grossezza e splendore strao rdinari erano quelli che c’impedivano di fermare lo sguardo, se non con gran pena, su quell’augusto Personaggio. Tre di quei diamanti erano sul petto, ed era scritto sopra di uno FEDE, sull’altro SPERANZA e CARITÀ su quello che stava sul cuore. Il quarto diamante era sulla spalla destra e aveva scritto LAVORO, sopra il quinto nella spalla sinistra si leggeva TEMPERANZA. Gli altri cinque diamanti ornavano la parte posteriore del manto, ed erano così disposti: uno più grosso e più folgoreggiante stava in mezzo come al centro di un quadrilatero, e portava scritto OBBEDIENZA. Sul primo a de stra si leggeva VOTO DI POVERTA. Sul secondo, più in basso, PREMIO. Nella sinistra sul più elevato era scritto: VOTO DI CASTITA. Lo splendore di questo mandava una luce tutta speciale, e mirandolo traeva e attraeva lo sguardo come la calamita attrae il ferro. Sul secondo a sinistra, più in basso, stava scritto: DIGIUNO. Tutti questi quattro ripiegavano i loro raggi verso il diamante del centro. Questi brillanti tramandavano dei raggi che a guisa d i fiammelle si alzavano e portavano scritte qua e là varie sentenze.
Sulla Fede si elevavano le parole: “Imbracciate lo scudo della Fede per vincere le insidie del demonio”. Un altro raggio aveva: “La fede senza le opere è morta. N on chi ascolta, ma chi pratica la legge possederà il regno di Dio”. Sui raggi della Speranza: “Sperate nel Signore, non negli uomini. I vostri cuori siano sempre fissi dove sono le vere gioie”. Sui raggi della Carità: “Po rtate gli uni i pesi degli altri, se volete compiere la mia legge. Amate e sarete amati, ma amate le anime vostre e le anime altrui. Recitate devotamente il Divino Ufficio; celebrate la Santa Messa con attenzione; visitate con grande amore il Santo dei Santi”.
Sulla parola Lavoro: “Rimedio alla concupiscenza, arma potentissima contro tutte le tentazioni del demonio”. Sulla Temperanza: “Il fuoco si spegne se si toglie la legna. Fate un patto con i vostri occhi, con la gola e col sonno, affinché questi nemici non vi rubino le vostre anime. Intemperanza e castità non possono abitare insieme”.
Sui raggi dell’Obbedienza: “È il fondamento di tutto l’edificio e il compendio della santità”. Sui raggi della Povertà: “Il Regno dei Cieli è dei poveri. Le ricchezze sono spine. La povertà non si vive a parole, ma si pratica con l’amore e con i fatti. Essa aprirà le porte del Cielo e vi entrerà”. Sui raggi della Castità: “Tutte le virtù vengono insieme con essa. I mondi di cuore penetrano i segreti di Dio e vedono Dio stesso”.
Sui raggi del Premio: “Se vi lusinga la grandezza del premio, non vi spaventino le fatiche della conquista. Chi patisce con me, godrà con me. Sono momentanei patimenti di questa vita; è eterna la felicità che godranno i miei amici in Cielo”. Sui raggi del Digiuno: “È l’arma più potente contro le insidie del demonio. E il custode di tutte le virtù. Col digiuno si scaccia ogni genere di demoni”. Un largo nastro a color di rosa serviva di orlo nella parte inferiore del manto, e sopra questo nastro era scritto: “Questo sia l’argomento delle vostre esortazioni del mattino, del mezzogiorno e della sera. Raccogliete le briciole delle virtù e vi costruirete un grande edificio di santità. Guai a voi che disprezzate le cose piccole: a poco a poco cadrete”.
Fino allora i direttori erano chi in piedi, chi in ginocchio, ma tutti attoniti e nessuno parlava. A questo punto Don Rua, come fuori di sé, disse: — Bisogna prendere nota per non dimenticare. Cerca una penna e non la trova; cava fuori il po rtafoglio, fruga e non ha la matita. — Io mi ricorderò — disse Don Durando. — Io voglio notare — aggiunse Don Fagnano —, e si pose a scrivere con un gambo di rosa. Tutti miravano e comprendevano la scrittura. Quando Don Fagnano cessò di scrivere, Don Costamagna continuò a dettare così: — La carità capisce tutto, sopporta tu tto, vince tutto: pratichiamola con la parola e con i fatti. Mentre Don Fagnano scriveva, scomparve la luce, e tutti ci trovammo in folte tenebre. — Silenzio — disse Don Ghivarello — inginocchiamoci, preghiamo e la luce verrà. Don Lasagna cominciò il Veni Creator, poi il De profundis e Maria Auxilium Christianorum, a cui tutti rispondemmo. Quando fu detto Ora pro nobis, riapparve una luce che circondava un cartello su cui si leggeva: LA PIA SOCIETA SALESIANA QUA LE CORRE PERICOLO DI ESSERE NELL’ANNO 1900.
Un istante dopo la luce divenne più viva a segno che potevamo vederci e conoscerci a vicenda. In mezzo a quel bagliore apparve di nuovo il Personaggio di prima, ma con aspetto malinconico, simile a colui che comincia a piangere. Il suo manto era divenuto scolorato, tarlato e sdrucito. Nel sito dove stavano fissi i diamanti vi era invece un profondo guasto, cagionato dal tarlo e da altri piccoli insetti. — Guardate — egli ci disse — e intendete.
Ho veduto che i dieci diamanti erano diven uti altrettanti tarli che rabbiosi rodevano il manto.
Pertanto al diamante della Fede erano sottentrati: sonno e accidia. Alla Speranza: risate e scurrilità. Alla Carità: negligenza nel compi ere i divini Uffici. Amano e cercano i propri comodi e non gli interessi di Gesù Cristo. Alla Temperanza: golosi tà e piaceri sensuali. Al Lavoro: il sonno, il furto e l’ozio. Al posto dell’Ubbidienza non vi era altro che un guasto largo e profondo senza scritta. Alla Castità: concupiscenza e vita mondana. Alla Povertà era succeduto: dormire, vestire bene, mangiare e bere, denaro a disposizione. Al Premio: “Ci basta godere la vita presente”. Al Digiuno: Vi era un guasto, ma niente di scritto.
A quella vista fummo tutti spaventati. Don Lasagna cadde svenuto, Don Cagliero divenne pallido come una camicia e, appoggiandosi sopra una sedia, gridò: — Possibile che le cose siano già a questo punto? Don Lazzero e Don Guidazio stavano come fuori di sé e si porsero la mano per non cadere. Don Francesia, il Conte Cays, Don Barberis e Don Leveratto erano quivi ginocchioni pregando con in mano la corona del S. Rosario. In quel momento si fece intendere una voce cupa: — Come è svanito quello splendido colore!
Ma nell’oscurità successe un fenomeno singolare. In un istante ci trovammo avvolti in folte ten ebre, nel cui mezzo apparve tosto una luce vivissima, che aveva forma di corpo umano. Non potevamo tenerci sopra lo sguardo, ma potevamo scorgere che era un avvenente giovanetto, vestito di abito bianco lavorato con fili d’oro e d’argento. Tutto attorno all’abito vi era un orlo di luminosissimi diamanti. Con aspetto maestoso, ma dolce e amabile, si avanzò verso di noi, e ci indirizzò queste parole testuali: — Servi e strumenti di Dio onnipotente, ascoltate e intendete. Siate forti e robusti. Quanto avete veduto e udito è un avviso del Cielo, inviato ora a voi e ai vostri fratelli. Fate attenzione e intendete bene quello che vi si dice. I colpi previsti feriscono di meno e si possono prevenire. Le parole indicate siano tanti argomenti di predicazione. Predicate incessantemente a tempo e fuori tempo. Ma le cose che predicate fatele sempre, sicché le vostre opere siano come una luce che, sotto forma di sicura tradizione, s’irradii sui vostri fratelli e figli di generazione in generazione. Ascoltate bene e intendete. Siate oculati nell’accettare i novizi, forti nel coltivarli, prudenti nell’ammetterli. Provateli tutti, ma tenete sol tanto il buono. Mandate via i leggeri e volubili. Ascoltate bene e intendete. La meditazione del mattino e della sera sia sull’osservanza regolare. Se ciò farete, non vi verrà meno giammai l’aiuto dell’Onnipotente. Diverrete spettacolo al mondo e agli angeli e allora la vostra gloria sarà gloria di Dio. Chi vedrà la fine di questo secolo e il principio dell’altro dirà di voi: “Dal Signore è stato fatto questo ed è mirabile agli occhi nostri”. Allora tutti i fratelli e figli vostri canteranno: “Non a noi, Signore, non a noi, ma a tuo nome dà gloria”. Queste ultime parole furono cantate, e alla voce di chi parlava si unì una moltitudine di altre voci così armoniose e sonore, che noi rimanemmo privi di sensi e, per non cadere svenuti, ci siamo uniti agli altri a cantare. Al momento che finì il canto, si oscurò la luce. Allora mi svegliai e mi accorsi che si faceva giorno».
Promemoria
«Questo sogno durò quasi l’intera notte, e sul mattino mi trovai stremato di forze. Tuttavia per timore di dimenticarmene, mi sono levato in fretta e ho preso alcuni appunti che mi servirono come di richiamo per ricordare quanto qui ho esposto nel giorno della Presentazione di Maria SS. al Tempio. Non mi fu possibile ricordare tutto. Tra le altre cose ho potuto con sicurezza rilevare che il Signore ci usa grande misericordia. La nostra Società è benedetta dal Cielo, ma Egli vuole che prestiamo l’opera nostra. I mali minacciati saranno prevenuti se noi predicheremo sopra le virtù e sopra i vizi ivi notati; se ciò che predichiamo lo tramanderemo ai nostri fratelli con una tradizione pratica di quanto si è fatto e faremo. Ho potuto anche rilevare ch e ci sono imminenti molte spine, mol te fatiche, cui terranno dietro molte consolazioni. Circa il 1890 gran timore, circa il 1895 gran trionfo. Maria, Auxilium Christianorum, ora pro nobis» .
Il biografo Don Cena commenta: «La portata del sogno non ha limiti di tempo. Don Bosco diede l’allarme per un momento speciale che doveva seguire alla sua morte; ma il “Quale deve essere la Congregazione” e il “Quale è in pericolo di essere” con tengono un ammonimento che non perderà mai nulla del suo va lore, sicché sarà sempre vera la dichiarazione fatta da Don Bosco ai Superiori: “I mali minacciati saranno prevenuti, se noi predicheremo sul le virtù e i vizi ivi notati”»

(Fonti: http://www.sdb.org)

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